Scompenso cardiaco
Patologie

Scompenso cardiaco

Un milione di Italiani ne soffre, un nuovo caso si verifica ogni mille abitanti all’anno, un caso ogni cento per chi ha più di 85 anni: sono i numeri dello scompenso cardiaco, un disturbo che causa 170 mila ricoveri ogni anno.

Lo scompenso cardiaco colpisce circa 22 milioni di persone nel mondo, con una percentuale che oscilla fra il 2 e il 5% del totale degli over 45. Nei soli Stati Uniti provoca ogni anno 260.000 morti, 300.000 in Europa. Oltre alla perdita di vite umane, il disturbo incide da solo sulla spesa sanitaria italiana per una percentuale dell’1,4%.

La diffusione dello scompenso nei paesi industrializzati lo qualifica fra le malattie del benessere, favorite cioè da fattori di rischio quali sovrappeso, sedentarietà, fumo di sigaretta, abuso d’alcol, regime alimentare ipercalorico, ricco di grassi animali saturi e sale. Intervenire sullo stile di vita è perciò prioritario per prevenire l’insorgenza del disturbo o rallentarne la progressione. Bastano 20 minuti al giorno di moderata attività fisica, l’astensione dal fumo, la limitazione dell’alcol (2-3 bicchieri al giorno ai pasti per gli uomini, 1-2 per le donne) e una dieta mediterranea povera di sale (massimo 2 gr al dì) per ridimensionare sensibilmente il rischio di scompenso.

Questo cambiamento è salutare a qualunque età, ma sarebbe bene adottarlo già in età precoce. Lo scompenso è infatti l’incapacità del cuore di pompare un volume adeguato di sangue nel corpo (insufficienza cardiaca), incapacità dovuta a un progressivo affaticamento dell’organo, favorito dalla perdita di elasticità dei tessuti che subentra con l’età. Il cuore è anche un muscolo e come tale può essere allenato e mantenuto in efficienza, altrimenti invecchia precocemente e perde progressivamente la propria funzionalità. Se sottoposto a ulteriore stress, ad esempio per pompare il sangue in un corpo sovrappeso o per ossigenare i muscoli durante uno sforzo fisico non abituale, rischia seriamente di danneggiarsi, con conseguenze gravi. La progressione dello scompenso è altrettanto pericolosa: in Europa, circa la metà dei pazienti decede entro 4 anni dalla diagnosi.

Le cause dello scompenso possono essere molteplici. Da una parte, patologie del cuore e del sistema cardiovascolare, come ad esempio ipertensione e infarto, dall’altra ipertiroidismo, anemia, ipercolesterolemia, insufficienza renale, terapie farmacologiche, infezioni dell’apparato respiratorio (da cui l’importanza di vaccinarsi contro l’influenza, specie in età avanzata). Lo scompenso può essere cronico, con progressione lenta e graduale, oppure acuto, improvviso e molto grave.

La perdita di efficienza della pompa del cuore si traduce in una insufficiente ossigenazione di organi e tessuti, con accumulo di liquidi nel corpo, specie negli arti inferiori, caviglie e piedi soprattutto, per effetto della gravitazione. La difficoltà respiratoria e l’affanno sono dovuti alla presenza di liquido nei polmoni, che provoca anche la tosse, e si aggravano da sdraiati, quindi nelle ore notturne. Il peso corporeo aumenta per accumulo di liquidi, situazione peggiorata in caso di eccessivo consumo di sale da cucina, che provoca ritenzione idrica.

L’insufficiente ossigenazione dei muscoli provoca la progressiva perdita della forza e l’incremento dell’affaticabilità, mentre il calo della pressione sanguigna, soprattutto cambiando posizione da seduti a in piedi, può dare vertigini. Per supplire alla mancata ossigenazione, il cuore è spinto a battere con più frequenza, provocando aritmie e tachicardia. Possono manifestarsi anche perdita di appetito per la sensazione di gonfiore e frequente diuresi notturna, quando la posizione sdraiata fa riassorbire i liquidi nel sangue e li fa eliminare con l’urina. Lo stato di affaticamento ed indebolimento generale, uniti alla difficoltà respiratoria, possono indurre a stati d’ansia e talvolta depressione.

In presenza di questi sintomi, anche in forma lieve – ad esempio difficoltà a fare le scale, caviglie molto gonfie - è consigliabile consultare il medico per una visita cardiologica. È bene ricordare che la perdita di efficienza del cuore può essere recuperata e il recupero mantenuto nel tempo, allungando l’aspettativa di vita.

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