Ogni anno in Italia vengono eseguiti migliaia di interventi chirurgici per la patologia mitralica, ma sono tantissimi ancora i casi non diagnosticati. Di fatto è una delle patologie valvolari più diffuse al mondo, anche se sottostimata. Una diagnosi tempestiva è infatti fondamentale. Perché se non correttamente diagnosticata e trattata in tempo, la patologia mitralica può causare anche danni irreversibili a livello cardiaco. I sintomi tipici della valvulopatia mitralica sono la stanchezza e l’affanno, fino allo scompenso cardiaco.
In questa intervista il
Dott. Giuseppe Speziale, Coordinatore nazionale della Cardiochirurgia di GVM Care & Research, illustra come lo sviluppo della chirurgia mininvasiva applicata alle patologie della
valvola mitrale sia in costante evoluzione, permettendo un’estensione dell’età operabile e maggiori benefici per la ripresa post operatoria. Questa tematiche verranno anche discusse durante l’edizione 2018 del
MICS, congresso biennale organizzato dalla
Mitral Academy, un’associazione fondata proprio dal Dott. Speziale con sede in Italia, nata con l’intento di promuovere la cultura della valvola mitrale e favorire il confronto e l’aggiornamento di cardiochirurghi, cardiologi, anestesisti e perfusionisti.
Che rapporto c’è tra sostituzione e riparazione della valvola mitrale e quando preferire un’opzione piuttosto che un’altra?
Se la valvola mitrale si ammala per insufficienza non si chiude bene, invece per stenosi non si apre. In caso di insufficienza mitralica è preferibile riparare la valvola e non sostituirla: in altre parole si può preservare la valvola natia del paziente. Mentre in caso di stenosi, la valvola spesso non è riparabile perché calcificata. Ma la stenosi mitralica è sempre meno frequente in Italia, come nel resto del mondo occidentale: è ancora frequente invece nei paesi in via di sviluppo perché legata a malattia/febbre reumatica che attacca la valvola.
Quali sono i numeri di successo per entrambe le opzioni? Qual è la prospettiva di vita media a seconda dell’intervento?
Il rischio operatorio chirurgico varia di paziente in paziente, a seconda del quadro clinico. Un paziente con insufficienza mitralica che soffre anche di insufficienza renale o respiratoria o ha avuto un ictus ed è già stato operato al cuore corre un rischio maggiore rispetto a un paziente di 40 anni che non presenta comorbidità, cioè non soffre di altre malattie. Oggi in genere i risultati sono buoni e incoraggianti e dopo l’intervento i pazienti hanno un’aspettativa di vita eccellente. Il rischio, in altre parole, è legato alla comorbidità.
In generale comunque, attenendosi alle Linee guida di cardiochirurgia, si opta per l’intervento chirurgico quando l’aspettativa di vita del paziente è migliore contemplando l’intervento chirurgico.
Ad oggi qual è la metodologia chirurgica più utilizzata in Italia per queste patologie? È la migliore che si possa utilizzare?
I due approcci possibili per la chirurgia riparativa della valvola mitrale sono la riparazione mitralica convenzionale, la cosiddetta sternotomia, o la chirurgia mininvasiva.
L’approccio chirurgico più usato è ancora la sternotomia, perché non tutti i centri hanno adottato l’approccio mininvasivo. In ogni caso per offrire il miglior trattamento terapeutico possibile al paziente il segreto è personalizzare.
Quanti italiani vengono operati in Italia alla valvola mitrale? È una patologia diffusa e con che incidenza si manifesta?
Ogni anno in Italia vengono eseguiti migliaia di interventi chirurgici per la patologia mitralica, ma sono tantissimi ancora i casi non diagnosticati. Di fatto è una delle patologie valvolari più diffuse al mondo, anche se sottostimata. Per questo il MICS sarà l’occasione per fare il punto sulle nuove procedure diagnostiche.
Gli sviluppi della robotica incidono sugli interventi? In che modo?
Il robot in sala operatoria è stato introdotto anni fa a supporto dei cardiochirurghi, ma non ha raggiunto lo stesso successo di altri ambiti, come per esempio in chirurgia prostatica. Perché nei centri di eccellenza e grazie a mani esperte è possibile operare eseguendo una piccola incisione che si traduce in un intervento veloce che procura anche costi minori per lo Stato.
Gli interventi alla valvola mitrale sono accessibili a tutti o fanno parte di quegli interventi che purtroppo non sono coperti dai piani sanitari nazionali?
Gli interventi alla valvola mitrale sono a carico del SSN nei centri pubblici e privati accreditati.
MICS 2018: quali sono le diverse tecniche e gli approcci d’eccellenza di cui si discuterà nelle due giornate?
MICS 2018 sarà l’occasione per fare il punto su diverse tecniche riparative della valvola mitrale.
Per esempio si parlerà di tecniche endovascolari: in alcuni casi estremi di insufficienza mitralica da correggere, con rischio operatorio elevato, è possibile intervenire a cuore battente introducendo una clip, attraverso una vena femorale, che va a posizionarsi a cavallo della valvola mitrale. Si tratta di una minuscola graffetta metallica che aiuta a riparare la valvola difettosa che non chiudendo più in modo perfetto consente al sangue in parte di rifluire dal ventricolo sinistro all’atrio sinistro. Non è la tecnica di prima scelta ma può essere un’alternativa percorribile con paziente a rischio elevato.
Altra tecnica riparativa è la cosiddetta
Neochord. Quando la valvola non riesce a eseguire correttamente il suo lavoro - aprirsi al passaggio del sangue dall’atrio sinistro al ventricolo sinistro e chiudersi una volta che il flusso viene spinto verso l’aorta - a causa del deterioramento delle corde tendinee, la si ripara sostituendo i filamenti danneggiati.
A cuore battente si esegue una piccola incisione toracica e nella femorale si introducono le nuove corde artificiali che vengono fissate a cavallo della valvola tramite una sorta di pennino posto dall’apice del cuore. Si tratta di una tecnica non consigliabile a tutti, solo a pazienti con particolari caratteristiche anatomiche.