“Per
ischemia acuta dell’arto inferiore intendiamo la patologia che si manifesta in maniera improvvisa a seguito di condizioni quali la Fibrillazione Atriale (aritmia cardiaca tra le più diffuse) o l’embolia, con successiva discesa di coaguli verso le gambe in modo da compromettere la normale circolazione sanguigna”.
Quali i sintomi avvertiti dal paziente?
“Il malato lamenta dolori molto forti e repentini. È una situazione clinica grave: richiede un trattamento pronto ed efficace, in quanto la sofferenza prolungata del sistema circolatorio può portare alla morte dei tessuti e all’amputazione dell’arto”.
Vi sono altre cause per l’ischemia acuta?
“A scatenare la patologia può essere pure una graduale ostruzione (da qui la trombosi acuta) del vaso sanguigno da parte di placche ateromasiche (accumuli di grasso e cellule) oppure una dissecazione (lacerazione/rottura) post-traumatica della parete vasale, specie all’altezza dell’articolazione del ginocchio, dopo un violento incidente stradale”.
E l’ischemia cronica degli arti inferiori?
“A differenza della prima, l’
ischemia cronica evolve nel tempo, ad esempio, in persone affette da malattia diabetica, con un’aterosclerosi per dislipidemia (elevata concentrazione di grassi nel sangue), abuso di tabacco (fumo di sigaretta) o con familiarità per la stessa patologia. Fattori che contribuiscono ad una sintomatologia che progressivamente diviene evidente. Il soggetto non parla di dolore ‘immediato’ bensì accusa una difficoltà, crescente, nel camminare o nell’affrontare rampe di scale un tempo a lui ‘accessibili’: deve fermarsi sempre più spesso e la distanza percorsa si assottiglia”.
In che modo interviene lo specialista nei casi d’ischemia acuta?
“
L’ischemia acuta richiede sempre interventi a maggior invasività per il paziente. Sia che si tratti di chirurgia classica (open) o endovascolare/trombolitica”.
Cos’è il trattamento trombolitico?
“Per mezzo di speciali microcateteri si raggiunge il punto dell’ostruzione e si procede all’infusione di alcune sostanze in grado di sciogliere i coaguli di sangue e risolvere la trombosi”.
Nell’ischemia cronica la soluzione è ugualmente chirurgica?
“Nell’ischemia cronica l’approccio è soprattutto medico. In prima istanza occorre invertire la tendenza e sostenere il malato nel cambiamento dello stile di vita: dire basta al fumo; adeguare il regime dietetico; eseguire controlli periodici dei valori di trigliceridi e colesterolo; assumere farmaci che possono agevolare la funzionalità del circolo sanguigno; praticare attività fisica quotidiana (almeno un’ora al giorno). Molto spesso tutto ciò favorisce il miglioramento del quadro clinico generale e riduce la sintomatologia. In altre parole, anche in presenza di un ramo arterioso ‘chiuso’, il nostro organismo riesce a sopperire all’ostacolo ‘bypassandolo’ e creando una circolazione sanguigna collaterale. Si evita così l’intervento chirurgico; soprattutto in chi è affetto da patologie concomitanti o presenta maggior fragilità psicofisica: rischi aggiuntivi da valutare con la massima attenzone prima della sala operatoria. Personalmente insisto molto sull’aspetto del miglioramento dello stile di vita somministrando più consigli nutrizionali che medicinali”.
Quando il miglioramento dello stile di vita non è sufficiente cosa può fare il chirurgo vascolare?
“Come ulteriori chances la chirurgia vascolare offre i trattamenti di angioplastica - riapertura del vaso ostruito mediante palloncini e/o rilascio di stent (retine metalliche) che mantengono il calibro dell’arteria - oppure la costruzione di bypass. In particolare i bypass femoro-poplitei (corti, medi o ‘estremi’) per il salvataggio dell’arto nei pazienti diabetici che non hanno altra opportunità di guarigione. Bypass distali realizzati utilizzando, quando possibile, la vena safena”.
Cos’è un bypass distale?
“I bypass distali vengono costruiti dal chirurgo utilizzando la vena safena del malato: si mette ‘in comunicazione’ la parte del sistema circolatorio a monte dell’ostruzione con la porzione a valle dell’ostruzione arrivando fin sotto al ginocchio. Dobbiamo realizzare un ‘ponte’ che si colleghi o con l’arteria poplitea o con le arterie tibiali e interossea dirette verso il piede. Se l’utilizzo della safena è precluso perché già ‘applicata’ in un precedente bypass aortocoronarico; perché a diametro non sufficiente; perché di per sé varicosa (cioè sfiancata), si opta per l’impianto di protesi artificiali”.
L’intervento di bypass è sempre risolutivo e definitivo?
“Ad una prognosi positiva non contribuisce solo e soltanto il gesto chirurgico e l’abilità dello specialista. Il paziente deve partecipare al successo: aver piena consapevolezza del fatto che in ‘nuove’ condizioni di glicemia fuori controllo, diabete malcurato, alimentazione scorretta, fumo la patologia può ripresentarsi e costringerlo al ritorno in ospedale”.