Quello che chiamiamo comunemente battito del cuore altro non è che una contrazione ritmica delle quattro cavità (atri e ventricoli) che formano il nostro organo più importante. Ogni battito è generato da un impulso elettrico che viaggia attraverso determinate vie nervose nel muscolo cardiaco. I segnali elettrici del cuore partono dal nodo seno-atriale per poi attraversare atrio destro e atrio sinistro, causandone le contrazioni, e spingono il sangue all'interno dei i ventricoli.
L’impulso elettrico continua nei ventricoli attraverso la via del nodo atrio-ventricolare e qui stimola i ventricoli a contrarsi e a pompare sangue nei polmoni e a tutto il corpo, completando il ciclo del battito cardiaco. Tale meccanismo di contrazione del cuore funziona come un pacemaker naturale, e mantiene i battiti del cuore a una frequenza normale, compresa tra i 60 e i 100 battiti al minuto.
Può accadere tuttavia che qualcosa si inceppi in questo sistema così preciso e può avvenire per diverse ragioni. Il battito cardiaco subisce delle alterazioni significative- diventa rapido e irregolare, dai 300 ai 600 battiti al minuto – e di conseguenza la contrazione delle cavità atriali e dei ventricoli, compreso il flusso sanguigno, vanno letteralmente “in tilt”.
In tal caso si parla di
fibrillazione atriale. La fibrillazione atriale è una patologia che non insorge in maniera immediata ed è per questo
potenzialmente pericolosa, in quanto impedisce al cuore di inviare la quantità di sangue e di ossigeno sufficiente a soddisfare i bisogni dell’organismo. Per questo va inquadrata in breve tempo e trattata con una
terapia farmacologica o chirurgica adeguata.
A seconda della gravità, della durata e della modalità in cui si manifesta, la fibrillazione atriale si distingue in
cinque tipologie: di primo episodio, parossistica (durata inferiore ai 7 giorni), persistente (durata superiore ai 7 giorni), permanente (durata superiore a 1 anno), ricorrente (sia di tipo parossistico che persistente). La fibrillazione atriale, nella maggior parte dei casi, è riconducibile a una patologia cardiovascolare, ma può verificarsi anche in soggetti che non soffrono di alcuna cardiopatia. In tal caso, si usa parlare di fibrillazione atriale isolata.
La fibrillazione atriale può essere
asintomatica per tanto tempo. Molti pazienti, pur soffrendone, possono vivere ignari della loro condizione fino a che l’anomalia del ritmo cardiaco non viene riscontrata durante un esame o una visita cardiologica. Quando invece si manifesta, la fibrillazione atriale può dare
sintomi come polso irregolare o anomalo, dolore toracico, palpitazioni, senso di tuffo al cuore, debolezza, senso di confusione, mancanza di respiro, sudorazione, vertigini, episodi di ansia o paura.
La diagnosi di fibrillazione atriale avviene in genere con un semplice esame strumentale, l’
elettrocardiogramma (ecg). L’ecg è l’indagine diagnostica più idonea per valutare l’andamento dell’attività elettrica del cuore. Quando viene accertata la presenza di fibrillazione atriale, l’ecg evidenzia l’assenza di onde P che vengono sostituite da onde F, cioè piccole ondulazioni irregolari che dimostrano l’alterazione del battito. Inoltre, il tracciato dell’elettrocardiogramma mette in risalto che l’intervallo tra un battito e l’altro non è sempre uguale.
E’ opportuno ricordare che esistono
altri esami utili ad individuare la fibrillazione atriale e a rintracciarne le cause, come ad esempio l’
ecocardiografia, un’indagine che sfruttando
ultrasuoni valuta lo stato e quindi la corretta funzionalità di atri, ventricoli e
valvole, le componenti fondamentali del cuore.
I pazienti con fibrillazione atriale possono anche condurre una vita normale. Tuttavia, dato che, per effetto della aritmia, il cuore perde una parte della propria forza e quindi pompa il sangue in modo scorretto, è importante
fare prevenzione, e quindi controllare verificare e gestire con l’aiuto di uno specialista, meglio se un aritmologo, le eventuali conseguenze della aritmia cardiaca.