Patologie

"Il mio cuore impazzito" la storia di Alessandra, per tutti solo una malattia immaginaria.

A 14 anni attacchi di panico. A 21 il cuore che batte all'impazzata. A 42 la diagnosi. Nel mezzo una infanzia senza giochi, una vita trascorsa tra specialisti e sintomi che ne scandivano le tappe.

La storia di Alessandra, 42 anni, di Trieste, è una delle tante raccontate e vissute ad Anthea Hospital di Bari. Dal 2013, anno in cui è cominciata l'attività di Immunologia clinica e Allergologia con l'arrivo del dott. Mauro Minelli, di casi come il suo ne sono stati registrati moltissimi.

Alessandra ci racconti la sua storia. Lei quando ha cominciato ad avvertire i primi disturbi?

In realtà da sempre. Da quando avevo pochi mesi e ho iniziato lo svezzamento sono apparsi i primi disturbi: cistiti, emicrania. Ero una bambina delle elementari e già ero perseguitata dai mal di testa.
problemi al cuore, invece, sono cominciati più tardi, qualche decennio prima della diagnosi e con una serie di manifestazioni. La prima è stata una extrasistolìa pronunciata. I primi accertamenti, però, ho cominciato a farli verso i 21 anni. Soffrivo già da tempo di attacchi di panico, all'incirca dai 14 anni di età. Era come un appuntamento fisso, predestinato: nel bel mezzo della notte il cuore impazziva. E io mi svegliavo nel panico. La tachicardia è certamente stato il sintomo più devastante. Perché hai paura, perché quando c'è di mezzo il cuore è tutta un'altra storia.

La tachicardia è stata una sua compagna per molti anni. Ha fatto visite cardiologiche nel corso della sua vita?

Mia madre mi ha portata ovunque. Sono stata visitata da moltissimi cardiologi tra i più rinomati, in ogni parte d'Italia. Ma la diagnosi era sempre la stessa: mi rivoltavano da testa a piedi per poi dirmi che il cuore era sano, che tutto funzionava perfettamente a livello elettrofisiologico. Alla fine mi liquidavano con un farmaco betabloccante che, però, non poteva risolvere il problema perché non si arrivava mai alla causa che generava quel malessere cronico e persistente. Iniziavo ad avvertire anche sempre meno forze, era la sindrome della stanchezza cronica che mi rendeva ancor più tutto difficile.

La sua vita scorre così fino a quando?

Fino ad ottobre 2013, quando arrivo in Puglia, ad Anthea Hospital di Bari. Poche speranze e tanta stanchezza, psicologica ancor più che fisica.

Ma in quel momento cambia qualcosa?

In quel momento cambia tutto. Mi viene confermata l'allergia al nichel diagnosticata nel 2011, ma ormai degenerata in Snas - e cioè sindrome nella quale il nichel non si limita a provocare una semplice reazione cutanea da contatto ma procura effetti estesi ad organi e apparati diversi - e in più una severa sensibilità al glutine non celiaca. In quei giorni vengo sottoposta ad ogni tipo di esame possibile, finché monitorata in clinica dall'équipe del dott. Minelli, testando la sensibilità al glutine con prove di stimolazione, ho avuto una crisi tachicardica molto forte. Un ulteriore esame elettrofisiologico condotto dal dott. Saverio Iacopino ha permesso di avere la conferma di quanto sospettato circa l'origine del fenomeno aritmico: il cuore impazziva a causa di un fatto infiammatorio indotto da stimoli che su di me erano devastanti.

Un lavoro di équipe degli specialisti di Anthea Hospital, dunque, ha permesso di venire a capo di un problema che ha condizionato la sua intera esistenza sino a quel momento. Cosa è successo dopo?

Sulla base dei risultati dei test di stimolazione, ho cominciato a seguire un regime dietetico e nutrizionale studiato dai consulenti immunonutrizionisti dell'équipe del dott. Minelli, disegnato su misura per me e sui miei limiti personali di tolleranza.

E..?

E ho detto addio alla tachicardia. I sintomi che mi hanno perseguitata per una vita mi hanno abbandonata. E se mi capita di ingerire alimenti contaminati sono in grado di distinguere di cosa si tratti ascoltando il battito del cuore: tachicardia o extrasistolia, quest'ultima anche correlata all'eventuale assunzione di glutine.
Posso dire di stare bene, tanto bene da aver indotto gli specialisti a togliermi il betabloccante perché non ne ho più bisogno.

Com'è la sua vita oggi?

Oggi pratico sport, il cardio-frequenzimetro che indosso registra un battito perfetto. Ho un impegno sportivo importante, impensabile per me fino a qualche anno fa. Ho anche cominciato a correre.
Se ripenso al passato la peggior condanna era il non sapere, non avere risposte, essere perseguitata dai disturbi ma essere trattata come chi ha solo problemi di ordine psicologico. Prima vivere voleva dire convivere con il dolore. Oggi vuol dire non avere più paura.
anni

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