La morte improvvisa cardiaca è un evento tutt’altro che raro, dato che è da sola responsabile del 10% dei decessi ogni anno e del 50% di quelli per patologie cardiache. Cerchiamo di capire cos’è e a cosa è dovuta per poterci proteggere adeguatamente.
Fra i 50 e i 60.000 morti ogni anno, sette volte le vittime degli incidenti stradali: la morte improvvisa cardiaca è un evento tutt’altro che raro in Italia, ma anche negli Stati Uniti, dove il tributo di vite umane pagato ogni anno è pari a 350.000 persone, tanto che costituisce la maggior causa di morte nella popolazione maschile fra i 20 e i 60 anni.
L’alta mortalità (un decesso ogni 1.000 abitanti ogni anno) è dovuta al fatto che spesso l’arresto cardiaco non dà sintomi precoci evidenti e risulta pertanto difficile da pronosticare, soprattutto in assenza di accertamenti clinici. Nella grande maggioranza dei casi (80-90%) all’origine della morte improvvisa c’è una cardiopatia ischemica, ovvero un diminuito afflusso di sangue per ostruzione delle arterie coronarie. Depositi di lipidi lungo le pareti interne di questi grandi vasi provocano la formazione di placche che riducono il flusso di sangue. In caso di rottura della placca si originano ostruzioni che impediscono il regolare apporto di sangue e ossigeno al cuore.
Il muscolo cardiaco tenta di compensare inviando una sequenza di impulsi elettrici che provocano pericolose aritmie, tipicamente la fibrillazione ventricolare, in cui i ventricoli del cuore vibrano invece di contrarsi, e la tachicardia ventricolare, contrazioni troppo frequenti dei ventricoli (molto minore l’incidenza della bradiaritmia), che conducono in breve a un arresto cardiaco.
Bisogna quindi agire meccanicamente per mantenere l‘afflusso di ossigeno all’organismo e la pompa del cuore, quindi con ventilazione forzata e massaggio cardiaco (RCP Rianimazione Cardiopolmonare), tenendo presente che per ogni minuto che passa senza ricevere alcun intervento la percentuale di sopravvivenza si riduce del 10 per cento. Per ripristinare la corretta attività elettrica del cuore è necessario operare mediante un defibrillatore. Se si interviene con questo strumento entro 5 minuti dall’arresto cardiaco, il paziente ha una percentuale di sopravvivenza del 50%, mentre se non viene trattato la percentuale scende al 2%. Ecco perché è fondamentale attivarsi per dotare ogni impianto sportivo e luogo pubblico in genere di defibrillatori semi-automatici, in grado cioè di poter essere usati anche da personale non specializzato.
Altre cause comuni di morte improvvisa cardiaca sono le malattie a carico del cuore, come la miocardiopatia ipertrofica, la miocardiopatia dilatativa idiopatica e la displasia aritmogena del ventricolo destro. Fra i fattori di rischio si segnala l’infarto miocardico pregresso.
Con minore frequenza, la morte improvvisa cardiaca è provocata da altri fattori, principalmente alterazioni, in larga parte congenite, dell’attività elettrica del cuore strutturalmente sano, che predispone allo sviluppo di tachiaritmie ventricolari e arresto cardiaco. Fra le più diffuse ci sono la sindrome di Brugada e la sindrome del QT lungo, legate a un’anomala ripolarizzazione del sistema elettrico del cuore, ossia la fase in cui si prepara l’impulso per un nuovo battito. Nella sindrome del QT lungo questa fase dura più a lungo del necessario, mentre in quella di Brugada si assiste a una riduzione della corrente depolarizzante. Entrambe le sindromi sono curabili.
Data la gravità, è bene saper riconoscere immediatamente i sintomi dell’arresto cardiaco. La prima a manifestarsi è la perdita di conoscenza entro 10-15 secondi per mancato apporto di ossigeno al cervello, seguita da assenza di respirazione, convulsioni e contratture muscolari, assenza di polso, dilatazione della pupilla, colorito grigio-azzurro (cianosi pallida). In questi casi è necessario chiamare immediatamente il 118 e attivarsi per una rianimazione cardiopolmonare, possibilmente coadiuvata da defibrillatore semi-automatico, in attesa dei soccorsi.
Soprattutto in presenza di familiarità con casi di morte improvvisa cardiaca, è consigliabile compiere accertamenti cardiologici al compimento dei 40 anni o all’insorgenza di sintomi quali aritmie, svenimenti frequenti, difficoltà respiratorie. Solo con un’attenta prevenzione e un tempestivo intervento è possibile ridurre la mortalità da arresto cardiaco.
GVM Care & Research