Le Carotidi sono due grandi vasi arteriosi che
corrono ai lati del collo: trasportano sangue ed ossigeno alla testa, al collo e tutte le strutture facciali.
Come altre arterie del nostro corpo, possono andare incontro al progressivo
restringimento del lume causato da
placche ateromasiche (tipiche della malattia aterosclerotica) composte da grassi, depositi di tessuto fibroso e altre
scorie cellulari.
Queste formazioni, perlopiù localizzate a livello della biforcazione che suddivide la
carotide comune in carotide interna ed esterna, sono responsabili dell’insorgenza, molto spesso
silenziosa, di una sindrome ostruttiva in grado di scatenare l’ictus (stroke) o, nei casi meno gravi, l’ischemia cerebrale transitoria.
La
chirurgia delle stenosi carotide ha come obiettivo la
rimozione delle placche dalla parete dell’arteria in modo da ripristinare il normale flusso del sangue.
Le
metodiche d’intervento sono due:
- l’approccio classico (la tromboendoarteriectomia carotidea, TEA);
- l’approccio endovascolare mininvasivo mediante angioplastica (CAS).
La
metodica tradizionale è rivolta al trattamento della malattia stenotica con
percentuale d’occlusione del vaso compresa tra il 70 e il 99%. Il chirurgo pratica un’incisione di circa 10 centimetri nel collo del paziente per raggiungere l’arteria malata e rimuovere l’ostacolo, la placca, che impedisce il circolo sanguigno.
Durante l’intervento, non privo di traumatismi - specie nei pazienti anziani (l’aterosclerosi induce la stenosi della carotide soprattutto nella popolazione oltre i 70 anni) -
l’irrorazione del cervello è garantita dall’applicazione di un tubicino in materiale sintetico, una specie di vaso arterioso accessorio artificiale.
Asportata la placca, quale azione di prevenzione dell’ictus cerebrale, l’arteria viene richiusa e suturata; oppure ricoperta con una
toppa prelevata da un’altra vena del paziente o, in alternativa, realizzata in Gore-Tex.
Il
trattamento endovascolare mininvasivo consiste, invece, nel dilatare l’arteria
danneggiata utilizzando un apposito catetere sul quale è montato uno stent metallico
a molla che espandendosi (e ancorandosi) completamente all’interno della carotide,
schiaccia i depositi di grasso fino a riportarne il calibro in condizioni ottimali.
L’intervento si effettua a paziente sveglio. In sedazione locale si punge l’arteria femorale all’altezza dell’inguine: s’introduce il catetere e si raggiunge la carotide; iniettando contemporaneamente una piccola quantità di mezzo di contrasto, sotto monitoraggio radiografico si visualizza la stenosi da
eliminare.
Vi è però il rischio che piccoli frammenti di placca si stacchino dalla parete arteriosa per poi occludere i vasi cerebrali periferici provocando
ischemie. Per scongiurare questo pericolo si utilizza un filtro, molto speciale, a forma di cappuccio a maglie strettissime collocato nel lume dell’arteria a valle della stenosi, in grado di far passare il sangue ma non i microemboli.