Aneurismi dell’aorta, quando e perché occorre l’intervento chirurgico
Interventi chirurgici

Aneurismi dell’aorta, quando e perché occorre l’intervento chirurgico

La Dottoressa Chiara Comoglio, Responsabile dell’Unità Operativa Cardio-Toraco-Vascolare di Maria Pia Hospital (Torino), spiega le differenti opzioni terapeutiche: dall’approccio classico alla metodica mininvasiva nei casi di aneurisma dell'aorta

Dottoressa Comoglio, cos’è un aneurisma e quali le cause alla base del problema?

“Quando parliamo di aneurismi dell’aorta toracica ci riferiamo alle dilatazioni (o più semplicemente sfiancamenti a varia forma) della parete arteriosa il cui andamento è progressivo nel tempo fino a raggiungere dimensioni tali da non poter essere più controllato dalla sola assistenza farmacologica. Da qui la necessità dell’intervento chirurgico onde evitarne la rottura e la morte del paziente per violenta emorragia”.

L’aneurisma è una malattia o la conseguenza di altre patologie?

L’aneurisma è una delle conseguenze di una malattia molto importante: l’aterosclerosi. I grossi fumatori, i diabetici, chi non sorveglia in maniera adeguata l’ipertensione arteriosa, chi presenta valori di colesterolo nel sangue ‘fuori’ misura” sono tra coloro che, statisticamente, possono andare incontro ad aneurisma sia toracico che addominale, in particolare sottorenale (la forma a maggior prevalenza percentuale). Nei casi di aneurisma dell’aorta toracica a sfavore dei pazienti giocano pure fattori congeniti o familiari nonché ‘alterazioni’ del tessuto connettivo che rendono più vulnerabile e fragile la parete del vaso”.

Come si interviene in ambito cardiochirurgico per risolvere un aneurisma?

“In parte l’abbiamo accennato. La soluzione - dove fallisce la ‘sorveglianza’ farmacologica - è interventistica: in casi selezionati si può inserire un’endoprotesi, altrimenti l’indicazione è chirurgica soprattutto se l’aneurisma ha superato i 5 centimetri di diametro. L’indicazione viene data anche nei pazienti asintomatici in base al diametro o alla progressione dello stesso o se il malato ha già avuto sintomi. Ad esempio se è stato già sottoposto a ricoveri per tromboembolie cerebrali, ai reni, all’intestino e periferiche o, ancora, in situazionii di forte dolore toracico che può essere provocato da problemi legati allo slaminamento della parete (allora l’indicazione diventa urgente) o alla compressione degli organi vicini all’arteria. È un intervento non privo di complessità e si esegue in anestesia generale supportati dalla CEC (macchina cuore-polmone) e dal monitoraggio dei parametri vitali; questi ultimi, anche dopo l’uscita dalla sala operatoria. Se l’aunerisma ‘tocca’ l’aorta ascendente e l’arco aortico, il cardiochirurgo propende per una sternotomia mediana (incisione centrale del torace più o meno lunga a seconda dell’estensione dell’aneurisma); sternotomia parziale superiore - ministernotomia - o totale. Così facendo è in grado di ‘vedere’ il cuore (chirurgia  a cielo aperto), l’aorta ascendente e l’arco aortico. 

Ma il cuore continua a battere?

“No, l’attività del cuore è ‘sospesa’ per il tempo utile ad eliminare l’aneurisma e ricucire l’aorta dopo aver applicato una protesi. Lo stop si ottiene tramite l’infusione di sostanze che bloccano la motilità dell’organo: in gergo specialistico si parla di cardioplegia. Serve a proteggere il muscolo cardiaco dall’assenza del flusso sanguigno (e nutrienti)”.

Ulteriori complicazioni durante l’intervento?

“Il cardiochirurgo può trovarsi nella necessità di compiere un gesto chirurgico, oltre al tratto di aorta danneggiato, sulla valvola cardiaca che regola la ‘spinta’ ematica verso l’intero organismo: la valvola aortica. In questa particolare evenienza si può aggiustare la valvola naturale (plastica) o rimuoverla, se troppo deteriorata, innestando al suo posto una protesi: meccanica o biologica a seconda della valutazione compiuta. In casi molto particolari, in cui sia coinvolta la radice aortica, va sostituito anche il tratto da cui originano le coronarie il cui compito è assicurare il carburante fondamentale al buon funzionamento del miocardio. In questo caso le coronarie vanno isolate e successivamente riattaccate alla protesi. Se, invece, la procedura interessa l’arco aortico, il cardiochirurgo dovrà reimpiantare pure i vasi epiaortici, ovvero le arterie che ossigenano cervello e arti superiori mediante un arresto di circolo generale. La chirurgia aortica è molto variabile e complessa e va quindi affidata a mani esperte ed altamente competenti”.

 
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