In Italia, secondo recenti stime del Ministero della Salute,
ne soffrono quasi 700 mila persone.Un dato che arriva sino ad un milione di italiani se si comprendono i soggetti a rischio scompenso.
Una vera e propria epidemia, tale da far balzare
lo scompenso cardiaco come prima causa di morte nei paesi occidentali. E le percentuali sono destinate ad aumentare considerato che, ogni anno, si registrano due casi in più ogni mille abitanti nella fascia compresa tra i 40 e i 50 anni e 15 casi su 1000 tra gli over 70.
Un problema di proporzioni enormi che parte da un dato: il 97% delle persone non conosce i sintomi dello scompenso cardiaco. Quindi li confonde, li trascura e arriva al ricovero quando ormai le condizioni generali sono gravi.
Questa realtà è emersa da
Shape (Study of Heart failure Awareness and Perception in Europe), il primo importante studio condotto in Europa nel 2003 sulla percezione dello scompenso cardiaco. I dati misero in evidenza come dei quasi 8000 cittadini europei coinvolti, solo il 3% conosceva i sintomi dello scompenso. Un terzo degli intervistati riteneva fosse unicamente legato all'avanzare dell'età e, i restanti due terzi, erano convinti che chi ne soffre viva più a lungo di chi è colpito da tumore. In realtà è vero il contrario, oggi lo scompenso cardiaco fa più vittime delle patologie neoplastiche.
Dati che mettono in luce, ora come allora, come ci siano percezione e consapevolezza molto basse di questa malattia così impattante.
La conseguenza dell'incrocio tra forte impatto epidemiologico e scarsa percezione porta ad una gestione insoddisfacente della patologia.
Ma
cosa è lo scompenso cardiaco? È una sindrome clinica complessa che può risultare da qualsiasi disordine strutturale o funzionale del cuore che danneggia la capacità del ventricolo di espellere (scompenso a ridotta frazione di eiezione) o di riempirsi di sague (scompenso a conservata frazione di eiezione).
A spiegarne le principali cause è il dott.
Renato Gregorini, Responsabile dell'U.O di Cardiochirurgia della
Clinica Città di Lecce Hospital del gruppo GVM Care&Research. “
La prima causa che determina l'insorgere di questa malattia è la cardiopatia ischemica, seguita da ipertensione non ben curata e da cardiopatie valvolari”. Il punto, chiarisce lo specialista, è che
i pazienti non riconoscono i sintomi dello scompenso ed è per questo che si arriva in ospedale quando ormai lo stadio è avanzato.
Quali sono, dunque, i sintomi che devono far scattare il campanello d'allarme? “
Fiato corto, facile affaticamento e gambe gonfie”. Sintomi che è semplice attribuire al banale avanzamento dell'età e che, invece, nascondono cardiopatie che, se prese in tempo, eviterebbero in alcuni casi il ricovero. “
Se al primo sintomo si andasse dal proprio medico curante e se questi prescrivesse subito una visita cardiologica, sarebbe semplice con ecocardiogramma prendere in tempo la malattia o quantomeno rallentarla”.
Esiste, infatti, la
possibilità di ricorrere alla cura farmacologica - ace inibitori, diuretici, betabloccanti - che, chiarisce il dott. Gregorini, “
se somministrata nel giusto dosaggio migliora la prognosi allungando la vita del paziente. Oggi, invece, la scarsa conoscenza della patologia porta a non prescrivere i farmaci corretti o a farlo con dosaggio inadeguato”. Per alcuni gruppi di pazienti, oltre alla terapia farmacologica, è necessario ricorrere alla terapia chirurgica. Questo avviene, ad esempio, in caso di cardiopatia ischemica miocardio vitale, di aneurisma del ventricolo sinistro post infartuale e di insufficienza valvolare mitralica funzionale.
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Negli ultimi anni - spiega ancora il cardiochirurgo - a Città di Lecce Hospital abbiamo ottenuto risultati sempre più incoraggianti, migliorati grazie all'introduzione di supporti farmacologici da somministrare prima, durante e dopo l'intervento per consentire al cuore di superare meglio la fase post-operatoria”.
“
Oggi, però - prosegue il dott. Gregorini -
è necessario che i professionisti si rimbocchino le maniche. Non si può più prescindere dal creare un Centro dello Scompenso. Questo permetterebbe di censire tutta la popolazione affetta da questa patologia, di classificare la malattia in base ai suoi stadi, di sviluppare un sistema di cura integrato capace di ottimizzare il trattamento per ogni singolo paziente. Un Centro dello Scompenso è necessario anche per diffondere informazioni, per uniformare le cure consentendo di prescrivere correttamente i farmaci, per avere un approccio multidisciplinare, per dare continuità assistenziale, facilitare l'accesso ai servizi e poter ottenere una analisi precisa della situazione socio-economica e familiare.
Solo così – conclude l'esperto -
si potrà intervenire in tempo con la giusta terapia, evitando in molti casi il ricovero. Un grande risparmio di salute per il paziente e di costi per il sistema sanitario”.