Nuove tecniche per curare la stenosi dell’aorta. Convalescenza breve e finalmente sparisce il senso di affanno Si chiama
stenosi valvolare aortica, sembra un nome difficile e insolito, invece è un
inconveniente relativamente frequente negli anni della maturità. Un varco si restringe, meno sangue in circolo, più fatica e fiato corto. L’intervento al cuore per sostituire la valvola malata si rende necessario.
Dopo l’intervento la persona torna a vivere una vita piena e appagante. Ma il pensiero di subire un intervento pesante sotto il profilo dell’anestesia e una lunga convalescenza fanno la differenza. In casi opportunamente selezionati tuttavia è possibile operare aprendosi un varco minuscolo tra una costola e l’altra «Sono quelli che definiamo interventi minimamente invasivi — spiega
Mauro Del Giglio, cardiochirurgo del Gruppo GVM, 250 casi al suo attivo in questa modalità — si pratica una incisione sulle pelle di soli cinque centimetri. Le fasi dell’intervento, tempi e risultati sono almeno pari alla tecnica classica, che prevede la frattura dello sterno (più di 40 anni di storia) ma il disagio postoperatorio e il danno estetico vengono drasticamente diminuiti». Questa tecnica è ancora poco diffusa, ma in rapida evoluzione.
La stenosi valvolare aortica
è al momento la più frequente patologia dopo i sessant’anni.
Si manifesta con l’affanno.
Perché si restringe o si calcifica questo anello? E un fenomeno legato all’età. Su un centinaio di soggetti ultrasessantenni, almeno cinque sviluppano la patologia. E se non si curano corrono gravi rischi per la loro salute.
Diagnosi
Il cardiologo si avvede della stenosi ascoltando il cuore e mettendo a fuoco il problema con l’ecografia. E una materia complessa se teniamo presente che alcune valvole possono essere ricostruite, altre collocate in emodinamica senza ricorso a chirurgia. Recentemente si è sviluppato l’approccio di cui parliamo, una incisione di pochi centimetri tra le due costole. L’intervento riporta il cuore in condizioni normali, non deve più sforzarsi. Sono ancora pochi i centri con una casistica numerosa che applicano le tecniche minimamente invasive, ma come dicevamo è una realtà che progredisce in fretta.
Lavoro in team e interventi meno invasivi
Mauro Del Giglio (nella foto) ha contribuito a introdurre nel Gruppo GVM un approccio innovativo alla cardiochirurgia sviluppando il lavoro di team e utilizzando tecniche di avanguardia come ad esempio la cardiochirurgia mini invasiva.
Maria Cecilia Hospital a Cotignola, Villa Torri a Bologna e Salus Hospital a Reggio Emilia: sono le tre cardiochirurgie emiliano-romagnole di Gvm, coordinate da
Mauro La Marra. Del Giglio,
Nasso e Valentini sono i rispettivi responsabili delle strutture citate.