È stato eseguito presso Maria Cecilia Hospital, ospedale di Alta Specialità a Cotignola (RA) di GVM Care & Research accreditato con il SSN, il primo intervento in Italia - secondo in Europa - di anuloplastica percutanea della valvola mitrale nell’ambito dello studio europeo multicentrico AMEND, che coinvolge diversi centri internazionali ad alto volume cardiochirurgico. L’obiettivo dello studio è valutare la sicurezza e la funzionalità di un innovativo device a forma di “D” che consente di ottenere risultati analoghi a quelli dei dispositivi per la correzione del rigurgito mitralico impiegati nella chirurgia a cuore aperto, ma senza bisogno di incisioni e a cuore battente. Un’innovazione nell’ambito della chirurgia mitralica ultra mininvasiva, eseguita tramite cateterismo trans-settale, ovvero attraverso puntura del setto interatriale e successivo avanzamento dalla vena femorale dei device necessari alla riparazione della valvola, con una conseguente significativa riduzione dei tempi di intervento e del rischio chirurgico.
“Sinora questo genere di procedura veniva impiegato esclusivamente in casi definiti compassionevoli, ovvero su pazienti che non avevano alternative di cura, in quanto molto gravi e pertanto non sottoponibili a chirurgia a cuore aperto. In queste situazioni estreme – spiega il dott. Fausto Castriota, Coordinatore dell'U.O. di Emodinamica e Cardiologia Interventistica di Maria Cecilia Hospital – veniva autorizzato l’impiego di procedure non ancora considerate pienamente sicure. Negli anni questi device sono stati perfezionati e il livello tecnologico oggi è tale per cui è in corso uno studio europeo per l’estensione della loro applicazione anche su pazienti con indicazione elettiva. Il nostro è il primo Centro italiano a partecipare a questo studio con un intervento eseguito su paziente volontario”.
Il paziente, un uomo di 81 anni con un alto rischio per la cardiochirurgia tradizionale, era affetto da insufficienza funzionale della valvola mitrale di grado severo. Per correggerla senza esporlo ai rischi di una chirurgia tradizionale, dopo un’attenta valutazione delle strutture anatomiche e dei diametri cardiaci mediante esami diagnostici di terzo livello (angio-TC sincronizzata, ecocardiogramma transesofageo), il paziente è stato arruolato per l’intervento di riparazione percutanea della valvola mitrale.
“L’insufficienza mitralica può essere causata da una dilatazione dell’anello della valvola mitralica, che diventa incontinente, soprattutto in presenza di condizioni predisponenti come la fibrillazione atriale. La chirurgia tradizionale interviene introducendo un anello chirurgico che, posizionato sull’anello nativo, ne riduce le dimensioni correggendo così il rigurgito mitralico – spiega il dott. Castriota -. Tale intervento richiede, tuttavia, che il paziente sia sottoposto circolazione extracorporea. L’équipe di Maria Cecilia Hospital con questo innovativo intervento ha mimato lo stesso gesto chirurgico ma per via percutanea, senza necessità di aprire il torace e senza ricorso alla circolazione extracorporea: il device è stato inserito con procedura transcatetere per via trans-settale e veicolato sino a raggiungere la cavità atriale sinistra dove, sotto guida fluoroscopica, ha raggiunto la sua configurazione definitiva ed è stato quindi posizionato, sotto guida ecocardiografica transesofagea, sull’anello anatomico danneggiato. Si è infine proceduto ad ancorare il dispositivo al tessuto miocardico in modo da ridurre significativamente le dimensioni antero-posteriori della valvola e migliorarne così il grado di insufficienza”.
La buona riuscita della procedura di anuloplastica percutanea della valvola mitrale richiede un’attenta valutazione delle caratteristiche anatomiche della valvola mitralica e del cuore, per accertarsi che siano compatibili con ognuno dei molteplici step procedurali da eseguire. In fase intraoperatoria sono indispensabili grande precisione e interazione sinergica tra tutti gli specialisti coinvolti. Il team di cardiologi interventisti e cardiochirurghi dell’Unità di Cardiochirurgia Transcatetere di Maria Cecilia Hospital, guidato dal dott. Fausto Castriota e dal prof. Carlo Savini, con il supporto di ecografisti e cardioanestesisti, e della Clinical Trial Unit di Maria Cecilia Hospital, ha affrontato un iter di training e valutazione del paziente lungo e complesso per arrivare a essere il primo Centro a eseguire in Italia questo genere di procedura all’interno del progetto di studio AMEND, che arruolerà a livello europeo 20 pazienti che saranno seguiti per un periodo di 12 mesi. La durata complessiva dello studio è di 3 anni.
“Il potenziale di questa procedura è enorme – spiega il dott. Castriota - a partire dal ridotto impatto sul paziente, che dopo l’intervento è tornato nella sua camera, senza bisogno di terapia intensiva, e dopo soli 4 giorni è stato dimesso ed è tornato a casa. Questi risultati aprono a un orizzonte in cui il paziente con insufficienza mitralica potrà usufruire di numerosi approcci terapeutici ultra mininvasivi e a una personalizzazione estrema del trattamento”.
Anuloplastica percutanea e MitraClip, analogie e differenze
La terapia transcatetere delle patologie valvolari trova ampio impiego nella cardiologia interventistica, per i numerosi vantaggi che comporta in termini di ridotta invasività e recupero più veloce, in particolare in quei pazienti che presentano un elevato rischio operatorio a causa di comorbilità, età avanzata o severa disfunzione ventricolare. Per la riparazione percutanea dell’insufficienza mitralica, oltre all’anuloplastica descritta, si può intervenire con MitraClip, una “mollettina” (o clip) che si ancora ai lembi non funzionanti della valvola e li ‘avvicina’ simulando l’effetto di un punto chirurgico, al fine di migliorarne il grado di coaptazione. La disponibilità di diversi formati di MitraClip, con lunghezza e ampiezza variabili, ha ampliato moltissimo le possibilità di un intervento personalizzato, dove la misura della clip può essere scelta in base alle caratteristiche anatomiche di ogni singolo paziente. La disponibilità delle due tecniche, che peraltro potrebbero essere tra loro combinate sia nella stessa procedura che in momenti successivi, amplia notevolmente l’offerta di trattamento per ogni paziente con insufficienza mitralica severa.