Endocardite infettiva, miocardite e pericardite: cosa sono e come trattarle
Patologie

Endocardite infettiva, miocardite e pericardite: cosa sono e come trattarle

Il cuore è formato da tre strati di tessuti differenti: l’endocardio, il miocardio e il pericardio. Questi strati possono andare incontro a patologie infiammatorie, talvolta di origine infettiva, che richiedono una diagnosi e un trattamento tempestivo.

Il dott. Paolo Izzo, Responsabile dell’U.O. di Cardiologia dell’Ospedale Santa Maria di Bari, spiega le differenze tra endocardite , miocardite e pericardite, e come si effettuano la diagnosi e il trattamento.

L’endocardite infettiva

“L’endocardite è la patologia infiammatoria a carico dell’endocardio, cioè del tessuto che riveste internamente le pareti degli atri, dei ventricoli e delle valvole cardiache.

L’infiammazione può avere varie origini, incluse le malattie autoimmuni ma la gran parte riconosce una eziologia batterica per cui si parla di endocardite infettiva”, spiega il dott. Izzo.

“Il rischio di sviluppare l’infezione è più alto nei pazienti già portatori di protesi valvolari o di pacemaker o pazienti con cardiopatie congenite. 

Inoltre bisogna segnalare anche un legame diretto con l’igiene orale e la parodontite infettiva, che può diffondersi dalla bocca al cuore. Un altro aspetto a cui prestare attenzione è la presenza di precedenti infezioni batteriche non adeguatamente trattate con terapia antibiotica mirata, che deve essere sempre seguita secondo prescrizione medica”.

L’endocardite infettiva tende a colpire soprattutto le valvole cardiache, compromettendo la comunicazione tra gli atri ed i ventricoli e quindi alterando il normale flusso sanguigno nelle camere cardiache.

Infatti, prosegue il cardiologo: “nel paziente con endocardite infettiva la patologia si manifesta con febbre alta con o senza brividi, dolori muscolo-scheletrici, debolezza, inappetenza ecc. L’infezione dal cuore può diffondersi con facilità nell’organismo, attraverso il sangue per distacco delle vegetazioni dalle valvole cardiache o dalle strutture cardiache interessate dall’endocardite infettiva.

Si manifestano contestualmente i sintomi  ed i segni cardiologici dell’endocardite: fiato corto, gambe e caviglie gonfie, talvolta dolore localizzato al centro del petto. Molto spesso i pazienti sviluppano un soffio cardiaco ex novo.

Con l’endocardite, aumenta anche il rischio di trombosi, embolie, ictus e scompenso cardiaco”.

E per quanto concerne la diagnosi ed il trattamento?

“L’esame diagnostico fondamentale è l’ecocardiogramma bidimensionale color Doppler, che permette di evidenziare le vegetazioni endocarditiche costituite da accumulo di tessuto fibroso e materiale piastrinico colonizzato dai batteri, a livello delle valvole interessate. Tale materiale infetto accumulato può distaccarsi dando origine ad emboli che possono colpire il cervello, i reni, la milza ed altri organi.

Per una maggiore definizione diagnostica devono esser eseguiti altri esami strumentali come l’ecocardiogramma transesofageo, la RMN, la TAC, la radiografia del torace e la PET. 

Le analisi del sangue, invece, sono utili oltre che per evidenziare lo stato infiammatorio soprattutto per identificare con le emocolture l’agente patogeno al fine di avviare una terapia antibiotica mirata.

Alla terapia antibiotica può essere affiancato anche l’approccio chirurgico per rimuovere le vegetazioni,  sostituire o riparare le valvole cardiache danneggiate”.

La miocardite

“Anche la miocardite può avere diverse origini. Spesso è provocata da un’infezione virale, molto più raramente batterica. Oppure a scatenarla sono farmaci che possono alterare il normale funzionamento del sistema immunitario, o infine alcune patologie pregresse del paziente, come quelle di natura reumatica o autoimmune”, spiega il dott. Izzo.

“Nella miocardite, l’infiammazione colpisce il miocardio, ovvero il tessuto del muscolo cardiaco. I sintomi sono soprattutto  dolore al petto, dispnea, debolezza, palpitazioni ecc. Talvolta sono presenti disturbi del ritmo cardiaco (aritmie).

In caso di infezione, il paziente può manifestare anche febbre alta e dolori muscolo scheletrici e talvolta i sintomi d’esordio possono essere confusi con quelli dell’influenza, ritardando la diagnosi”.

Cosa fare, quindi, quando si manifestano i sintomi?

“In presenza di questa sintomatologia si eseguono di solito gli esami strumentali più diffusi in cardiologia e cioè l’ECG, l’ecocardiogramma, e le analisi del sangue (indici di infiammazione ed enzimi cardiaci). “Ma”, aggiunge il medico, “l’esame che consente di effettuare una diagnosi certa di miocardite è la risonanza magnetica cardiaca. Non sempre è pero’ possibile effettuare questo esame; nei casi più complessi può essere necessario prelevare del tessuto miocardico attraverso una biopsia ed effettuare le analisi anatomo-patologiche per riconoscere l’agente patogeno che l’ha scatenata”.

“Il trattamento della miocardite dipende in parte dalle cause della patologia. In linea di massima si ricorre ad una terapia farmacologica che mira a ripristinare le funzioni cardiache. A questa può aggiungersi una terapia mirata sulle cause dell’infiammazione, quando possibile (con antibiotici, cortisonici, farmaci che sopprimono il sistema immunitario ecc). 

Il trattamento richiede spesso il ricovero ospedaliero, talvolta anche in terapia intensiva per i casi più severi. Successivamente il paziente deve sottoporsi a controlli periodici ed evitare sforzi e attività fisica intensa anche per alcuni mesi”.

La pericardite

“Il pericardio è una membrana molto sottile che ricopre le pareti esterne del cuore e dei grossi vasil Tale membrana è costituita da due strati, tra i quali si trova un piccola quota di liquido che riduce l’attrito tra gli stessi. La pericardite è la patologia infiammatoria che colpisce questi tessuti e può riconoscere varie cause. 

Tra le cause infettive, vanno citati  i virus comuni dell’influenza, gli enterovirus, gli adenovirus o l’herpes simplex. Più raramente la patologia è causata da infezioni batteriche (TBC) o fungine.

Vi sono inoltre pericarditi in corso di malattie autoimmuni, neoplasie ed insufficienza renale cronica. L’uso prolungato di terapia antibiotiche, radioterapie e chemioterapie può aumentare il rischio, ed inoltre puo’ ‘verificarsi dopo un infarto del miocardio o in seguito ad un intervento cardiochirurgico”.

In che modo si manifesta la pericardite? Come illustra il dott. Paolo Izzo, il sintomo più caratteristico della pericardite è il dolore toracico che aumenta con gli atti del respiro. 

“in alcuni casi può verificarsi un versamento pericardico ovvero un aumento del liquido pericardico che compromette il riempimento completo di atri e ventricoli durante la diastole. 

In caso di versamenti pericardici severi  si interviene drenando in urgenza il liquido chirurgicamente o in sala di emodinamica.

In alcuni casi, il pericardio puo’ diventare  rigido e calcifico ed inficiare la funzione di riempimento del cuore stesso. Non si interviene in questo caso d’ urgenza ma una diagnosi tempestiva resta fondamentale anche in questo contesto per evitare degli scompensi cardiaci in futuro”.

Quindi formulare una diagnosi corretta ed individuare le cause scatenanti è molto importante per il trattamento della pericardite: “analisi del sangue, ECG, ecocardiogramma ed RX torace sono gli esami che permettono di individuare la patologia e avviare il trattamento corretto. 

In genere si agisce sull’infiammazione stessa, somministrando farmaci antinfiammatori (FANS) spesso associati a colchicina che potenzia l’effetto antinfiammatorio e riduce il rischio di sviluppare una recidiva. Dove necessario, possono essere prescritti anche farmaci cortisonici.  ”. 

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