Secondo quanto riportato da CHRIS, lo studio epidemiologico di Eurac Research pubblicato nel 2021,
la fibrillazione atriale è l’aritmia più diffusa in Italia: ne soffre l’1% della popolazione, e la percentuale sale al 10% nei soggetti sopra gli 80 anni. Ma quali sono i disturbi del ritmo più pericolosi per la salute?
Abbiamo approfondito l’argomento con il
dott. Pasquale Filannino, responsabile del Servizio di
Elettrofisiologia dell’
Ospedale Santa Maria di Bari, per capire anche come diagnosticare e prevenire queste patologie che possono risultare fatali.
Il normale ritmo cardiaco e le aritmie
Il normale ritmo cardiaco è il
ritmo sinusale: prevede una frequenza cardiaca regolare che origina dal nodo del seno e determina il ritmo ottimale per ogni singola situazione.
L’
aritmia è un’
alterazione del normale ritmo cardiaco, con una variazione nella frequenza e nella regolarità del battito cardiaco. In particolare, la tachicardia comporta un aumento della frequenza del ritmo cardiaco, mentre la bradicardia un rallentamento dei battiti.
La fibrillazione atriale
L’aritmia più frequente, la
fibrillazione atriale, è un’aritmia sopraventricolare piuttosto pericolosa. Deve, infatti, essere diagnosticata e trattata più precocemente possibile, perché il rischio maggiore è quello di provocare ictus cerebrale.
Tate aritmia che, nella maggior parte dei casi, origina dall’atrio sinistro,
è legata all’invecchiamento del cuore, con conseguente fibrosi delle pareti. L’età avanzata, oltre a una predisposizione familiare, crea infatti le condizioni per lo sviluppo dei “cortocircuiti” che sono alla base dell’aritmia.
I sintomi
Nell’80% dei casi di fibrillazione atriale,
il paziente avverte il cuore che batte più velocemente o in maniera irregolare, con accelerazioni e rallentamenti. Inoltre, è possibile soffrire di
maggiore affaticabilità, con una
sensazione di affanno e una difficoltà nel compiere i normali sforzi fisici quotidiani. Questi sintomi devono spingere il paziente a recarsi dal medico e a eseguire un elettrocardiogramma, la principale indagine strumentale che consente di effettuare una diagnosi.
Le tachicardie ventricolari
Tra le aritmie meno frequenti rispetto alla fibrillazione atriale, ma pericolose per la vita, ci sono le
tachicardie ventricolari, cioè aritmie che originano dal ventricolo e possono essere causa di una morte cardiaca improvvisa.
La tachicardia ventricolare e la fibrillazione ventricolare possono rappresentare un evento fatale. Il cuore va in arresto di circolo e il paziente sviene perché la frequenza ventricolare molto elevata non consente al muscolo cardiaco di svolgere la sua normale attività di pompa: se non è trattato con
defibrillatore entro 10 minuti dall’evento, va incontro a morte. Fortunatamente i defibrillatori sono sempre più di frequente installati in luoghi pubblici come ipermercati e stadi.
La causa di queste aritmie è riconducibile, nella maggior parte dei casi, a
patologie ischemiche come l’infarto, che determina una riduzione del flusso sanguigno a livello del cuore per ostruzione di una o più coronarie, quindi restringimenti delle arterie deputate a portare il sangue al muscolo cardiaco.
La aritmie sopraventricolari
Non tutte le aritmie sono pericolose per la vita del paziente in maniera diretta, ma altre possono portare a una notevole
riduzione della qualità di vita e a situazioni comunque rischiose.
Per esempio, in casi di
aritmie sopraventricolari, il paziente presenta una frequenza cardiaca molto alta, che può generare un abbassamento della pressione sanguigna con svenimenti improvvisi.
Diagnosi e trattamento
Per la diagnosi delle aritmie è fondamentale l’esecuzione dell’ECG, dell’
elettrocardiogramma, anche se oggi l’introduzione di strumenti tecnologici come gli smartwatch o i registratori domiciliari del battito cardiaco è particolarmente utile per il lavoro del cardiologo. I dati raccolti, infatti, seppur non professionali, possono indirizzare lo specialista nella diagnosi. In casi dubbi è possibile eseguire anche un holter cardiaco, una registrazione che può durare dalle 24 ore fino ai 7 giorni, con la possibilità di impiantare al paziente una sorta di microchip, che è di fatto un registratore con un’autonomia fino a 3 anni.
Una visita specialistica dall’aritmologo consente una diagnosi accurata e più precoce possibile. Una volta eseguita una corretta diagnosi, il
trattamento può essere di due tipi:
- farmacologico, con terapie betabloccanti e antiaritmiche efficaci fino al 70-80% dei casi;
- interventistico, con le ablazioni cardiache, che si eseguono posizionando un catetere sottilissimo all’interno del cuore per identificare l’anomalia elettrica e con una bruciatura eliminare il problema definitivamente.
Prevenzione
Per la prevenzione in grado di ridurre l’insorgenza di aritmie e i fattori di rischio,
valgono le indicazioni utili a contrastare tutte le patologie cardiovascolari.
Fondamentale uno
stile di vita sano, con attività fisica regolare, astensione dal fumo e dall’eccesso di alcol e alimentazione equilibrata, che possono contribuire a un miglioramento della qualità della salute del cuore, anche dal punto di vista elettrico.