La
sindrome di Barlow, chiamata anche
Morbo di Barlow, è una sindrome cardiaca che colpisce la valvola mitrale. Ad oggi, questa condizione ha un’incidenza ancora variabile, perché fondamentalmente ancora non è ben diagnosticata.
In questa intervista, il
Dott. Giuseppe Nasso, responsabile della
Cardiochirurgia di
Anthea Hospital di Bari, spiega quali sono i segni clinici associati a questa patologia e quali trattamenti sono oggi disponibili per curarla.
Come si presenta la sindrome di Barlow?
La sindrome di Barlow si può riconoscere grazie alla presenza di alcuni
segni clinici caratteristici:
- degenerazione mixomatosa (cioè accumulo di materiale mucoide) dei lembi della valvola mitrale, che appaiono fluttuanti;
- ispessimento dei lembi della valvola;
- allungamento delle corde tendinee;
- forte dilatazione anulare.
A queste caratteristiche anatomiche si aggiungono alcune
alterazioni anche a livello istologico, dovute in particolare dalla degradazione dell’elastina.
Come si diagnostica la sindrome di Barlow?
Per una corretta diagnosi della sindrome di Barlow è importante procedere con:
- ecocardiografia;
- risonanza magnetica;
- valutazione dell’aspetto operatorio.
È inoltre importante tenere conto del fatto che la sindrome di Barlow
è una patologia evolutiva, i cui segni clinici cambiano nel tempo via via che la patologia progredisce.
Il primo segno clinico a comparire è la dilatazione anulare, seguita dall’ispessimento dei lembi della valvola;
nella fase più avanzata della patologia, si ha l’allungamento delle corde tendinee, fino alla rottura delle corde stesse.
Quali sono i trattamenti indicati per la sindrome di Barlow?
Attualmente sono disponibili
diverse tecniche riparative, che dipendono dal grado di progressione della patologia al momento del trattamento.
Il trattamento riparativo più semplice è l’anuloplastica, che consiste nell’impianto di un semplice anello artificiale. Nella maggior parte dei casi, tuttavia, i pazienti con sindrome di Barlow richiedono
interventi di riparazione più complessi, che prevedono:
- l’asportazione di tutto il tessuto mixomatoso in eccesso;
- l’impianto di nuove corde tendinee;
- la stabilizzazione dell’anello mitralico mediante un anello artificiale.
Grazie ai progressi tecnologici conseguiti nel campo della riparazione valvolare, oggi tutti questi tre passaggi possono essere eseguiti con un
trattamento mininvasivo, che si avvale del cosiddetto
approccio trans-catetere e che può essere eseguito anche in alcuni di quei pazienti in cui non è possibile eseguire un intervento cardiochirurgico tradizionale.