Un corretto funzionamento della valvola aortica, ovvero una delle 4 valvole del muscolo cardiaco, è di fondamentale importanza per il nostro organismo, poiché aprendosi durante la sistole e richiudendosi durante la diastole, impedisce al sangue ricco di ossigeno di tornare indietro nel suo percorso.
Le patologie della valvola aortica hanno diverse origini: possono essere congenite, quindi presenti fin dal momento della nascita, oppure “acquisite”, laddove il disfunzionamento si presenti con il trascorrere degli anni.
Tra le patologie più pericolose e diffuse figurano il restringimento aortico e l’insufficienza aortica.
Il restringimento aortico
Nota anche come stenosi aortica, si tratta di una patologia caratterizzata da un impedimento della valvola che ostruisce il flusso di sangue dal ventricolo sinistro. Per aggirare questo ostacolo, il ventricolo si “adatta”, sviluppando una ipertrofia, ovvero un aumento del volume del muscolo delle sue pareti.
Nella maggioranza dei casi, il restringimento aortico è dovuto a una degenerazione legata all’età, presentandosi soprattutto in persone over 70 attraverso calcificazioni valvolari. Esiste però una percentuale di pazienti, pari al 15%, nati con tale condizione: in questo caso si parla allora di bicuspidia aortica. Nello specifico, il muscolo cardiaco presenta una valvola che invece di essere tricuspide, quindi con tre lembi che ne permettono il regolare funzionamento, ne presenta solo due. Nella sua forma più grave può comportare il completo blocco del flusso di sangue nell’aorta, provocando un decesso immediato e improvviso.
Nei casi più severi, può portare ad una insufficienza cardiaca, con una sintomatologia data da affanno sotto sforzo, presenza di edemi a polmoni o arti inferiori, dolori toracici e svenimenti o stordimenti.
Purtroppo, il restringimento aortico resta a lungo asintomatico: una volta che il paziente avverte i sintomi, l’aspettativa di vita si abbassa drasticamente. La sopravvivenza conseguente ai primi sintomi di insufficienza cardiaca è infatti pari a due anni, mentre la sopravvivenza media si colloca fra 4 e 5 anni per quanto riguarda l’angina pectoris, ovvero un dolore che parte dal petto irradiandosi poi verso schiena, braccio sinistro collo e mandibola, e la dispnea, detta anche “fame d’aria”.
Preoccupanti sono gli scenari in cui le due disfunzioni si presentano in concomitanza: i casi di sopravvivenza oltre i tre anni in questi casi è infatti pari solamente al 20-25%.
Per classificare il grado gravità del restringimento aortico, l’European Society of Cardiology, (Società Europea di Cardiologia) ha individuato un parametro che definisce la differenza di pressione fra ventricolo sinistro e aorta, permettendo di distinguere tra grado I (lieve), II (moderato) o III (grave) della patologia.
L’insufficienza aortica
Quando la valvola aortica non riesce a chiudersi del tutto durante la diastole, una parte del flusso di sangue ossigenato può rientrare nel ventricolo sinistro in fase di rilassamento, provocando il cosiddetto “rigurgito aortico”. Questo comporta un aumento del volume e della pressione nel ventricolo sinistro, incrementando il carico di lavoro del cuore. Il muscolo cardiaco, in sovraccarico, non riesce perciò a soddisfare la richiesta di sangue dell’organismo, determinando una insufficienza cardiaca.
Parliamo di insufficienza aortica acuta in presenza di lacerazione della parete (dissezione aortica), di infezione dell’endocardio (endocardite) o di trauma toracico; ma può essere anche cronica, quando legata a malattie anulo-ectasianti, a bicuspidia, a reumatismo articolare acuto o ad una endocardite evoluta.
Per questa patologia, a determinare la gravità sono i dati della superficie dell’orifizio rigurgitante, insieme al diametro della Vena Contracta. In termini prognostici, invece, è determinante la differenza di volume ventricolare sinistro fra diastole e sistole, che in condizioni normali è pari o superiore al 50%. Se, invece, è inferiore a 35%, la sopravvivenza si attesta al 10% nei primi 15 anni. Quando il dato è invece moderatamente alterato, apponendosi in una fascia compresa tra il 35 ed il 50%, le ripercussioni sono meno drastiche ma comunque considerevoli.
Complicazioni della aorta ascendente
Un funzionamento difettoso della valvola aortica, oltre a sovraccaricare il muscolo cardiaco, può innescare molte altre problematiche che si ripercuotono su tutto l’organismo. Un esempio è la dilatazione dell'aorta ascendente, o aneurisma, spesso connessa al rigurgito aortico e alla bicuspidia.
La prognosi della dilatazione aortica è particolarmente allarmante poiché può comportare una dissezione aortica, ovvero una lacerazione dello strato interno, detto “tonaca”, che si separa dallo strato intermedio della parete stessa. Generalmente è dovuta a un deterioramento della parete arteriosa, dovuto a una ipertensione. La dilatazione aortica ha un altissimo tasso di mortalità, pari al 25% dei pazienti ricoverati anche in caso di un intervento chirurgico tempestivo. In generale più l’aorta è dilatata, più la prognosi è grave e quindi il decesso probabile
Identificare l’eziologia dell’aneurisma dell’aorta ascendente è complesso:può essere dovuto a malattie genetiche, una su tutte la sindrome di Marfran che colpisce il tessuto connettivo; la bicuspidia,le valvulopatie, e altre malattie degenerative.
Per questo, la scelta del trattamento dipende, quindi, da caso a caso. Da evidenziare che il tasso annuale di decesso dovuto a complicazioni della parete aortica dipende dal diametro dell’aorta: .