Un importante intervento di 8 ore è stato eseguito a
Salus Hospital di
Reggio Emilia a cura dell’équipe di
Cardiochirurgia che ha utilizzato una procedura complessa e innovativa per salvare la vita di un paziente, un 60enne affetto da una grave
endocardite.
Il paziente – spiega il
dottor Vinicio Fiorani, responsabile del Unità Operativa di
Cardiochirurgia – era affetto da una grave forma di
endocardite batterica che aveva compromesso seriamente il cuore. La “
Commando Procedure” ha permesso la sostituzione delle valvole mitrale e aortica e la ricostruzione delle pareti cardiache.
Dott. Fiorani, in cosa consiste questa patologia?
L’endocardite è un’infezione della membrana che riveste le pareti interne del cuore, l’endocardio, che attacca in particolare le valvole cardiache, la cui origine è una diretta conseguenza dei germi entrati nel circolo sanguigno a seguito di procedure chirurgiche come estrazioni di denti o posizionamento di cateteri per via urinaria o vascolare.
Si stimano
5 casi ogni 100mila persone, è meno frequente nelle persone sane ma attacca più facilmente chi ha già impiantate protesi cardiache o presenta valvole native con una disfunzione, specialmente in soggetti immunocompromessi. Viene spesso diagnosticata tardivamente a causa del sintomo principale, ovvero la febbre, che viene spesso sottovalutata. La gravità del quadro clinico e cardiologico è strettamente legata alla precocità della diagnosi, alla tempestività della terapia antibiotica specifica e all’aggressività del germe responsabile dell’infezione.
In che condizioni è arrivato il paziente al Salus Hospital?
Nei casi più gravi, fortunatamente rari, le valvole cardiache e la struttura fibrosa centrale del cuore vengono completamente coinvolte e distrutte dall’infezione, come nel caso del nostro paziente. L’infezione aveva infatti attaccato sia la protesi aortica, precedentemente impiantata, sia la valvola mitralica, con conseguente formazione di un ascesso a livello della giunzione mitroaortica, la parte di cuore che si trova tra le due valvole.
Perché la scelta di adottare questa particolare procedura?
La tecnica adottata, chiamata “
Commando Procedure” negli USA ed “
UFO Procedure” in Europa, non viene molto utilizzata in Italia a causa della sua estrema complessità e perché raramente le
endocarditi sono così gravi da renderla necessaria. Abbiamo optato per la
Commando Procedure poiché consisteva nell’unica possibilità di cura per il paziente. Si tratta dell’unica tecnica che consente la massima radicalità chirurgica - profonda e totale rimozione del tessuto infetto - e un’ottimale ricostruzione del cuore del paziente.
L’endocardite è un’infezione che tende a recidivare: l’équipe chirurgica deve sempre rimuovere tutte le parti infette per evitare che il batterio continui a proliferare. Più l’infezione è in fase avanzata, infatti, più estesa è la parte di cuore aggredita e distrutta, più l’intervento diventa complesso e ad altissimo rischio. L’intervento tradizionale generalmente è assai più limitato. Anche il nome dato dalla comunità scientifica alla procedura chirurgica,
Commando o
UFO, sono a testimoniare l’estrema complessità dell’intervento.
Come si è svolto l’intervento?
Durante l’intervento il paziente è a cuore fermo ed è supportato dalla macchina cuore-polmoni in circolazione extracorporea (CEC) . La procedura ha permesso la
sostituzione delle valvole con due protesi in carbonio e la
ricostruzione dell’intera zona compromessa dall’ascesso con un patch, un tessuto di pericardio biologico utilizzato per ricostruire la membrana che c’è tra le due valvole cardiache. Il patch è stato necessario come supporto per ancorare le protesi, che non avrebbero altrimenti retto sul tessuto cardiaco residuo. Post operazione, il paziente è rimasto 26 giorni in Terapia Intensiva per un recupero graduale dell’autonomia respiratoria e cardiaca. Ad oggi il paziente è a domicilio e gode di buona salute.