Il cuore visto dall’interno
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Il cuore visto dall’interno

Il dottor Paolo Russo, specialista in Cardiologia di Maria Pia Hospital di Torino, spiega come si esegue una coronarografia e a cosa serve lo studio delle arterie che ossigenano il nostro organo più importante. 
 

Dottor Russo, cosa sono le procedure invasive diagnostico-terapeutiche?

“In Cardiologia s’intendono come invasive le procedure inerenti l’inserzione di cateteri all’interno del ‘letto’ arterioso del paziente. Dal punto di vista clinico permettono la valutazione diagnostica del distretto anatomico sottoposto ad esame (coronarie, carotidi, arterie delle gambe) e possono associare trattamenti di risoluzione dei problemi riscontrati, vedi le alterazioni del flusso sanguigno. Tra le procedure più ricorrenti ricordiamo la coronarografia”. 

In cosa consiste la coronarografia?

“La coronarografia è a tutti gli effetti un’arteriografia; ovvero lo studio, con mezzo di contrasto, dell’albero coronarico composto dalle 3 arterie che irrorano il cuore. A livello tecnico può essere eseguita in tutte le persone ma - occorre rammentarlo - ogni paziente ha un proprio ‘profilo di rischio’ variabile sulla base di alcuni parametri prefissati; parametri sostanzialmente riassumibili nel controllo della funzionalità renale - la sostanza iniettata ha effetti negativi sull’attività dei reni - e nel profilo di rischio cardiovascolare. È evidente ai più come in un soggetto ospedalizzato per shock da infarto il rischio procedurale risulti altissimo e vada ben al di là della coronarografia in sé”. 
 

Lei prima ha accennato alla possibilità di associare la coronarografia a trattamenti di risoluzione dei problemi individuati durante l’esame. Qualche esempio?

“I primi esempi sono l’angioplastica - attraverso speciali palloncini gonfiati all’interno delle arterie si riaprono i vasi sanguigni ‘ristretti’ dalla malattia coronarica - e l’inserimento di stent: retine metalliche che una volta ‘disostruita’ l’arteria ne mantengono il calibro in modo da assicurare il corretto flusso sanguigno. Esistono varie tipologie di stent, tra cui gli stent medicati: sulla retina metallica vengono ‘applicati’ farmaci utili a migliorare nel tempo i risultati dell’intervento”.

Di quali farmaci si tratta?

“Sono farmaci antiproliferativi (perlopiù antitumorali) che servono a ridurre gli inconvenienti a cui possono andare incontro gli stent: vale a dire nuovi restringimenti dell’arteria nel punto d’introduzione”.
 

Perché accade?

“Perché lo stent è percepito come un ‘disagio’, una ‘ferita’ nella parete arteriosa. Pertanto si ha una reazione che conduce alla sua copertura nell’arco di alcuni mesi dal posizionamento (se osservassimo uno stent tradizionale dall’interno del vaso già dopo 3 settimane non saremmo più in grado di vederlo). Questo processo di ‘copertura’ o ‘cicatrizzazione’ può causare, in percentuali variabili, un nuovo restringimento coronarico. Lo stent ‘inglobato’, infatti, non presenta più le caratteristiche di sottile retina metallica e appare più simile ad una placca ateromasica. I farmaci a cui accennavo concorrono a frenare la crescita cellulare”.

La malattia coronarica è una patologia in aumento?

“È in aumento in relazione all’invecchiamento della popolazione. È una malattia legata all’età biologica avanzata e al diabete: uno dei fattori di rischio più importanti per la coronaropatia ormai da considerarsi quale vera e propria epidemia”.

Oltre alla coronarografia, di quali altre ‘indagini’ si avvale la moderna Cardiologia?

“Un altro modello di procedura invasiva è dato dal cateterismo cardiaco sinistro. In alcune condizioni - non così rare - l’ecocardiografia (o ecocardiogramma) non è sufficiente a valutare con precisione l’entità della stenosi aortica, cioè il restringimento patologico che colpisce la valvola posta nel cuore di sinistra tra il ventricolo e l’aorta. Per mezzo della metodica siamo in grado, passando attraverso essa, di eseguire dall’interno l’effettiva misurazione del gradiente valvolare fornendo indicazioni preziose all’eventuale trattamento percutaneo - l’innesto di una nuova valvola artificiale sulla vecchia valvola naturale non più funzionante (TAVI Transfemorale) - o per la sostituzione chirurgica ‘a cielo aperto’ o in approccio mininvasivo. Oltre al cateterismo, in ambito emodinamico è possibile effettuare la ventricolografia e l’aortografia. La ventricolografia determina la funzionalità del ventricolo destro o sinistro utilizzando il mezzo di contrasto iniettato da catetere in modo da quantificare il volume di sangue pompato. L’esame fornisce altresì informazioni circa la cinesi, evidenziando le ‘alterazioni’ del movimento ventricolare. Di contro, l’aortografia consente di visualizzare l’aorta e i suoi rami principali impiegando sempre il mezzo di contrasto infuso anche con puntura diretta della grande arteria. L’analisi radiologica serve a tracciare gli stati patologici della parete arteriosa tra cui gli aneurismi”.
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