Infarto
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Infarto

Uccide nel mondo più persone dell’AIDS e del cancro. È l’ischemia cardiaca, ovvero un insufficiente afflusso di sangue ossigenato al cuore. Una delle forme più gravi è l’infarto del miocardio, che solo in Italia colpisce circa cento persone ogni giorno. Impariamo a conoscerlo e a riconoscerlo.

Nella classifica delle cause di morte prematura nel mondo, l’ischemia cardiaca è al primo posto, portandosi via ogni anno circa 7.250.000 vite. Al secondo posto si collocano ictus e malattie cerebrovascolari, ovvero altri disturbi legati alla circolazione del sangue. Insieme, causano poco meno di un quarto delle morti premature nel mondo. Sono cifre impressionanti e nonostante in Italia i decessi per infarto del miocardio siano scesi del 50% in 10 anni, ancora oggi paghiamo un alto tributo in vite umane per questa malattia, con circa 21.000 uomini e 16.000 donne ogni anno.

Se molto è stato fatto per la prevenzione, ancora molto resta da fare, agendo sui fattori di rischio modificabili. Se infatti per familiarità e malattie ereditarie si può agire limitatamente, ben diverso è il discorso per quanto riguarda lo stile di vita. Moderata attività fisica, astensione dal fumo e dalle droghe (specie la cocaina), dieta ipocalorica e povera di grassi animali, controllo della pressione arteriosa e del peso corporeo possono, in condizioni normali, diminuire l’insorgenza di malattie cardiovascolari anche del 50%.

L’infarto del miocardio è una delle più diffuse di queste malattie. Si tratta di una mancata irrorazione di sangue arterioso, cioè ricco di ossigeno, del tessuto muscolare del cuore, il miocardio. In assenza di ossigeno, il tessuto muore, formando una cicatrice. Le conseguenze variano molto secondo l’estensione della zona non irrorata, ma sono tutte pericolose. Possono manifestarsi problemi alle valvole del cuore, anomalie del ritmo cardiaco (aritmie), con conseguenze anche fatali, o danni così estesi da impedire al cuore di pompare quantità sufficienti di sangue (insufficienza cardiaca), provocando accumuli di liquidi agli arti inferiori e nei polmoni. Nei casi più gravi, il tessuto muscolare morto si rompe, provocando emorragie rapide e letali.

La causa più comune dell’infarto è l’ostruzione delle arterie che portano sangue ossigenato al cuore, poste nella parte superiore e disposte a corona (arterie coronarie). Tipicamente l’ostruzione è dovuta all’accumulo di grasso sulla parete interna (aterosclerosi), con formazione di una placca. Quando la placca si rompe, può formarsi un coagulo di sangue che blocca parzialmente o interamente l’arteria, impedendo al sangue di raggiungere la zona di destinazione. Forme più rare sono dovute allo spasmo di un’arteriacoronaria, a volte in seguito all’assunzione di cocaina.

La tempestività d’intervento è vitale, perché più a lungo dura l’ostruzione, maggiore è l’estensione e la gravità del danno, con necrosi e cicatrizzazione dei tessuti. Se si agisce sull’ostruzione entro un’ora dai primi sintomi è possibile limitare i danni e salvare la vita all’infartuato.

Per agire in tempo bisogna saper riconoscere i sintomi dell’infarto. Principalmente il paziente avverte un dolore al petto, una fitta che dura pochi minuti e poi si ripresenta. Il dolore può diffondersi a spalla, braccio, schiena, e anche a denti e mandibola. Dolore prolungato è avvertito anche alla parte superiore dell’addome, accompagnato da affanno, affaticamento, nausea e vomito, sudorazione intensa, talvolta svenimento. Nelle donne possono manifestarsi anche cute umida, bruciore di stomaco, stordimento o capogiri. Possono tuttavia manifestarsi forme d’infarto con sintomi molto attenuati, difficilmente riconoscibili.

In presenza di sintomi di questo tipo è bene, in via cautelare, chiamare il 118 entro pochi minuti, perché condurre l’infartuato con mezzi propri può ritardare il trattamento medico, con conseguenze anche gravi. Se il paziente è già in terapia, può assumere una pillola di nitroglicerina, che dilata i vasi aumentando il flusso di sangue al cuore.

Data la gravità del disturbo, che colpisce maggiormente gli uomini e, in subordine, le donne post-menopausa, è bene sottoporsi a esami cardiovascolari dopo il compimento dei 40 anni, specie in presenza di familiarità con la malattia. La miglior forma di prevenzione resta comunque l’adozione di uno stile di vita sano ed equilibrato.
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