Forame Ovale Pervio: quel “buco al cuore” che non dà sintomi. Quando e perché è necessario chiuderlo
Patologie

Forame Ovale Pervio: quel “buco al cuore” che non dà sintomi. Quando e perché è necessario chiuderlo

Molte anomalie del cuore sono asintomatiche. Esistono difetti del nostro organo vitale che possono svilupparsi per anni senza dare disturbi. E’ il caso della Pervietà del Forame Ovale (PFO), o Forame Ovale Pervio, conosciuto anche come “buco” al cuore. E’ una condizione molto diffusa che secondo le statistiche tocca il 30 per cento della popolazione adulta. Il caso più eclatante è stato quello del famoso calciatore barese Antonio Cassano, operato nel 2011.

Il Pfo è un difetto anatomico cardiaco per cui il cuore presenta un’apertura. Durante il primo sviluppo del feto, questo foro, dato che i polmoni sono inattivi, è funzionale al passaggio del sangue tra l’atrio destro e l’atrio sinistro del cuore è fondamentale per ossigenare flusso ematico e per l’apparato circolatorio. Alla nascita però, ed entro il primo anno di vita del neonato, il forame ovale fisiologicamente si chiude. Se questa sutura non avviene si parla di “pervietà del forame ovale”.

E’ un difetto potenzialmente grave che in condizioni normali non comporta particolari complicazioni. Non dà sintomi e spesso ci si accorge in ritardo della sua esistenza. Diventa tuttavia rischioso, in soggetti con patologie concomitanti sia cardiache che neurologiche, e in persone che fanno immersioni subacquee, in quanto potrebbe contribuire all’insorgenza di ictus cerebrali. Questo perché, la chiusura difettosa degli atri crea un aumento di pressione nel ventricolo destro del cuore e di conseguenza sangue venoso potrebbe mescolarsi a sangue arterioso, determinando embolie ed ictus. Nel caso specifico dei sub, dopo un’immersione, l’organismo respirando sott’acqua assorbe micro bolle di gas che dai tessuti vanno a finire nel sangue. Tali bolle, in presenza di un Pfo,  dalla circolazione sanguigna delle vene possono passare in quella delle arterie e da qui salire verso il cervello, determinando così gravi patologie neurologiche.   

Il Pfo non è facile da individuare. E’ necessario ricorrere a tecniche diagnostiche avanzate, prerogativa di centri altamente specializzati: una volta diagnosticato, il cardiologo valuta la possibilità di trattarlo.

Il metodo attualmente più impiegato per la diagnosi del Forame Ovale Pervio è l’ecodoppler transcranico, attraverso il quale il cardiologo mappa l’ arteria cerebrale e studia l’eventuale passaggio di segnali microembolici, sia a riposo che dopo manovra di stimolazione.  Per i casi dubbi viene eseguito anche l’eco transesofageo, un esame ancora più mirato, capace di visualizzare in maniera diretta lo scollamento della membrana.

Gli esiti diagnostici permettono allo specialista di capire se è necessario intervenire con la chiusura del foro. In tal caso, in strutture di Alta Specialità, i cardiologi interventisti evitano l’operazione chirurgica vera e propria, e procedono con metodiche innovative come la chiusura del “buco” al cuore con protesi per via percutanea, passando attraverso la vena femorale, con un monitoraggio ecografico continuo. Per mezzo di un catetere viene impiantato una sorta di “ombrellino” che consente di separare definitivamente i due atri. 

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